Ansia e ansia generalizzata. Viene presa in considerazione l’ansia da separazione, l’ansia di evitamento, l’ansia da prestazione, l’ansia libera.
Ansia: cos’è
L’ansia è un particolare stato fisico e mentale che
sopravviene nel momento in cui l’individuo viene sollecitato da una situazione,
interna od esterna, di pericolo o di incertezza.
Per situazione esterna si intende una situazione reale percepita dall’individuo come un ambiente ostile, un predatore o altro che possano mettere effettivamente a rischio l’incolumità dell’individuo. Per situazione interna si intende una situazione pericolosa, immaginaria o reale, un pensiero negativo, dialogo interno negativo.
L’attivazione neurofisiologica dello stato ansioso e dell’ansia libera
Uno spavento improvviso può scatenare la paura. La paura viene percepita come tale solo se avviene per mezzo della via riflessa (si veda oltre) o se l’apparato cognitivo può confrontare la situazione attuale con quelle in cui ha esperito come pericolose. L’abilità di imparare a discernere
tra una situazione normale e una pericolosa, può significare la vita o la morte di un individuo o di un gruppo. In questo contesto l’ansia è il risultato di una paura rivolta al futuro.
Così se una zebra è scampata ad un attacco quasi mortale nel passato da parte di un leone, è sufficiente sentirne il ruggito un’altra volta
sola perché il suo sistema simpatico si attivi attraverso una via nervosa riflessa (la via limbico-talamica) e perciò immediata. Oppure quella zebra
potrebbe attivarsi perché vede altre zebre correre in un modo tale che le sembri che stiano scappando. Questa volta l’animale si attiva grazie la corteccia,
cioè quella parte del sistema nervoso centrale che i mammiferi hanno in più rispetto agli altri animali filogeneticamente inferiori. Il risultato è che se l’attivazione comincia con la percezione del pericolo e finisce con la sua cessazione, l’ansia non subentra. Se invece perdura per qualche motivo, come stimoli pericolosi continuativi, allora si parla di ansia.
Gli effetti dell’attivazione neurofisiologica nell’ansia, cioè un aumentato livello ematico di adrenalina e corticosteroidi, sono evidenti un
battito cardiaco più accelerato, l’aumento della pressione sanguigna, la vasocostrizione periferica, l’aumento del flusso sanguigno nelle masse
muscolari, l’evacuazione dell’intestino, la sospensione delle attività digestive, la sudorazione, sia delle mani che del resto del corpo, la tensione
muscolare aumentata, la dilatazione delle pupille, il ritmo respiratorio aumentato. Questi sono i classici segnali dell’ansia.
Ansia e iperventilazione
Per quanto riguarda l’iperventilazione nell’ansia è interessante vedere come l’organismo può avere mancanza di ossigeno proprio per il fatto di
respirare di più. Fatto, questo, che in un soggetto ansioso è piuttosto frequente. Quando l’ansia prende il sopravvento, se di ansia si parla, la respirazione corta provoca una aumentata frequenza del respiro, il quale a sua volta fa aumentare anche l’ansia stessa. Questo si traduce, oltre a un aumentato livello
di ansia, anche in un’aumentata ossigenazione del sangue.
Sembra un paradosso eppure, per via di quello che viene definito effetto Verigo-Bohr, livelli di ossigeno troppo elevati nel sangue non permettono ai tessuti di recepire l’ossigeno di cui hanno bisogno, mentre al contrario, un livello maggiore di anidride carbonica permetterebbe all’ossigeno di passare nei tessuti. In un circolo vizioso tristemente noto a chi soffre di uno dei più noti disturbi d’ansia, quello degli attacchi di panico, questa mancanza di ossigeno nei tessuti aumenta la richiesta di aria nei polmoni, per cui la respirazione aumenta, il sangue viene ancor di più ossigenato in un circolo vizioso senza tregua finché il sovraccarico neurofisiologico riporta l’organismo, esausto, allo stato di riposo, in una temporanea tregua dall’ansia.
Ansia buona e ansia cattiva
All’origine di questa attivazione neurofisiologica, priva di ansia, c’era dunque una importante capacità dell’individuo di sopravvivere affrontando la
situazione al meglio delle sue capacità fisiche. In certe circostanze questa attivazione immediata significava essere in grado di attaccare o fuggire oppure ancora di restare completamente immobile per sopravvivere in un ambiente ostile.
Questo meccanismo era perciò perfettamente adeguato ad un ambiente relativamente primitivo in ci la prontezza fisica era così importante. Oggi, tranne per quelle persone che svolgono lavori particolari o vivono in ambienti particolarmente ostili dal punto di vista fisico, questa risposta di ansia è per lo più inadeguata. Infatti è normale saltare su quando ci si spaventa per uno stimolo obiettivamente pericoloso mentre, al cessare di tale esposizione, l’ansia rientra per lasciare il posto ad un normale livello di vigilanza. Ma se il livello di attivazione e di ansia rimangono costantemente elevati e gli
stimoli che li aumentano non sono obiettivamente pericolosi (nel senso di generalmente riconosciuti come tali) allora tale livello di attivazione diventa
nocivo e si parla di ansia vera e propria. Durante un’attivazione prolungata, infatti, vendono immessi nel circolo sanguigno alcuni ormoni (steroidi, detti anche ormoni dello stress) la cui azione, a lungo termine, è anche quella di abbassare il livello di funzionamento generale del sistema immunitario, aumentando così la possibilità di prendere
malattie. Questa è più nota come correlazione ansia-sistema immunitario.
Il continuo afflusso di adrenalina nel sangue porta come sintomi dell’ansia problemi cardiaci temporanei, iperventilazione (con la conseguente dispnea paradossale come descritto sopra) sudorazione, dolori muscolari, cefalea, attacchi di panico.
I disturbi d’ansia
Dal punto di vista clinico i disturbi d’ansia possono essere distinti secondo il disturbo d’ansia
generalizzata (l’ansia da separazione, l’ansia da prestazione, l’ansia di evitamento, l’ansia situazionale) e i disturbi d’ansia a sé stanti (come il disturbo di panico, le fobie, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo post-traumatico da stress).